venerdì 13 marzo 2009

Il Fine di una nazione in declino


di Antonio De Franco

I radicali hanno avanzato una discussione sul testamento biologico e l'eutanasia secondo una proposta che offende i principi liberali.
Purtroppo le regole illiberali imposte dalla imperante gerontocrazia italiota vietano che questo giudizio sia notiziabile, per cui è censurato.
Pannella è pur sempre Pannella! E guai a chi lo contraddice, soprattutto all'interno della sua ("sua" nel vero senso del possessivo) formazione politica.

I radicali propongono un "testamento biologico" cioè la indicazione delle ultime volontà sul trattamento sanitario che si desidera avere quando non si sarà più capaci di badare a se stessi e anche se si giungesse al punto da non essere più capaci di intendere e volere.
Il punto dolente, in quanto assolutamente illiberale, è che lo propongono con efficacia automatica (ipso jure).
In tal modo lo Stato si dovrà e si potrà far carico di garantire la applicazione delle ultime volontà di fine vita del cittadino. Le persone care del cittadino malato terminale, senza speranza di guarigione, in coma irreversibile, ecc. saranno sollevate dalla responsabilità di decidere. L'interessato ha già deciso per loro.

A sua volta l'unica tutela che ha questa persona è l'espressione di una sua volontà datata. Volontà che per le più diverse ragioni applicative (si pensi a persona care assenti o inesistenti o a provvedimento di indirizzo della P.A.), potrà essere messa in atto anche dai sanitari (la tecnica in quanto potere).
Insomma in nome del liberalesimo si pretende di restituire allo Stato - sia pure in una situazione specifica ma la specificità non è un buon motivo per ammettere una eccezione - il potere di ficcare il naso nel privato e personale dei cittadini.

Una cultura autenticamente libertaria riuscirebbe a comprendere che non è la legge tout court ad assicurare la libertà del cittadino. Tanto ciò è vero che nello sviluppo storico della democrazia liberale si è intrapresa la strada dello "stato di diritto" proprio per scongiurare il rischio della dittatura della maggioranza che la stessa democrazia comporta.
Solo la legge che prevede controlli e vincoli ai poteri forti è garanzia di libertà del cittadino. Ciò vale anche per il fine vita, e i Radicali sembrano averlo dimenticato.

Nel caso del fine vita il "potere forte" da tenere sotto controllo e bilanciare è quello della tecnica (se il medico non infilasse il tubo il problema non si porrebbe affatto!!!). Per farlo non si deve dare forza ad un potere ancora più invasivo cioè quello dello Stato bensì si deve chiamare in causa il potere indipendente preposto tradizionalmente al bilanciamento dei poteri: la magistratura.
Qui la questione comincia ad avere il sapore di antico; non abbiamo bisogno di inventarci nulla.
La dottrina giuridica ha sempre previsto una avocazione al magistrato (il giudice tutelare) nel caso in cui si avvertiva il bisogno di tutelare un soggetto in condizione di incapacità al fine di difenderlo dalla società potenzialmente ostile che poteva approfittare di quella sua condizione.

E' anche il caso della persona in coma irreversibile, malato terminale impossibilitato a suicidarsi, ecc. Costei è incapace al pari di un minore o di un minorato per cui le cose che lo riguardano, quindi, vanno avocate innanzi ad un magistrato.
Allora il testamento biologico può anche andare bene (anche se nella gran parte dei casi è perfettamente inutile in quanto le persone care e vicine possono ben esprimere e riportare la volontà dell'incapace) ma non può prescindere dal vaglio del Giudice Tutelare cioè dell'autorità terza, indipendente e al di sopra delle parti.

Quello che è inconcepibile ed inaccettabile sotto il profilo del pensiero e della pratica liberale è che la volontà dell'individuo possa essere delegata alla pubblica amministrazione che è una emanazione del potere esecutivo, in un contesto, peraltro, in cui opera a braccetto col più pericoloso potere della tecnica (più pericoloso in quanto esso non soggiace alla verifica del consenso come - ma nei paesi normali, non guardate all'italia che si rischia di restare strabici - accade per i politici).

Insomma sarà il Giudice Tutelare che verificherà che la malattia è incurabile, che le cure sanitarie sono solo inutile accanimento, per cui emetterà su richiesta della persona cara, del parente o anche del medico un pronunciamento di facoltà alla interruzione dei trattamenti che il richiedente si incaricherà di praticare. La persona priva di persone care o parenti dovrà avere un curatore che possa provvedere alla bisogna nominato obbligatoriamente su segnalazione degli operatori sociali o sanitari dal Giudice Tutelare.
Ovviamente la legge non deve introdurre presunzioni legali su ciò che è trattamento sanitario.

Il Giudice Tutelare deve decidere sulla base della attualità delle conoscenze mediche generalmente accettate per cui il magistrato - come già avviene per altri settori ove i giudici godono dell'ausilio della conoscenza specialistica - disporrà dell'ausilio di esperti di medicina che gli diano queste indicazioni volta per volta (ciò che a mattina è inguaribile diventa guaribile la sera), esperti che non devono avere nulla a che fare con i sanitari che hanno in trattamento la persona oggetto della valutazione da parte del Magistrato.

Occorre solo una legge che preveda l'intervento del giudice tutelare. Per il resto le leggi vigenti sono sufficienti a disciplinare il fine vita evitando di introdurre pericolose modernità in odore del più bieco statalismo.

Antonio De Franco